Il mondo del rap italiano si è svegliato con una notizia che nessuno voleva leggere, ma che tutti temevano: la morte improvvisa di Yesto, figura leggendaria della scena underground romana. Un infarto. Questa, la versione ufficiale. Ma i fan – e non solo loro – faticano ad accettarla così com’è.
Il 31 luglio, a pochi mesi dal suo 41esimo compleanno, il rapper se n’è andato mentre si trovava in un ristorante. A dare la notizia è stato il fratello maggiore con un post su Instagram, breve, spirituale, ma che ha sollevato più domande che certezze.
Nato dalla penna e dal sangue di Stefano Rosso – iconico cantautore degli anni ’70 e ’80 scomparso nel 2008 – Yesto portava nel suo DNA la musica, la ribellione, l’onestà artistica. E forse anche un’eredità pesante. Proprio a suo padre aveva dedicato l’album “Buongiorno Italia”, uscito nel 2018, un disco che – oggi più che mai – suona come un testamento inquietante.
Nella notte della sua morte, il fratello ha parlato di “eredità di valore incalcolabile” e di “slancio spirituale”, ma ha evitato ogni riferimento preciso al malore, al contesto, alle ultime ore di vita. Nessuna foto, nessuna ricostruzione, nessun dettaglio.
E così, la rete esplode. Alcuni fan parlano di stress, altri di complotti, qualcuno tira fuori vecchie interviste dove Yesto denunciava un sistema musicale “marcio”, fatto di “burattinai” e “etichette prigioniere del denaro”. Le stesse interviste che, stranamente, negli ultimi giorni stanno scomparendo da YouTube. Coincidenze?
Un artista libero, scomodo, che non ha mai voluto piegarsi al business. Un figlio d’arte che portava dentro di sé il peso della verità.
E oggi, proprio mentre i suoi versi tornano virali su TikTok, una domanda rimbalza tra i fan come un’eco impossibile da ignorare: cosa ha davvero ucciso Yesto?
Un infarto? O una vita vissuta troppo intensamente, controcorrente, fino all’ultimo battito?
Il mistero resta. E con lui, una ferita aperta nel cuore del rap italiano.