Sembrava un normale pomeriggio d’estate. Una strada diritta, familiare, quasi rassicurante. E invece, in pochi istanti, si è trasformata in un teatro di morte. Giuseppe Ruscica, 71 anni, e sua figlia Martina, 33 anni, non faranno più ritorno a casa. Un impatto violentissimo lungo la famigerata statale 417 – la Catania-Gela – li ha strappati alla vita, lasciando dietro solo lamiere contorte, sirene, e grida spezzate.
Chi c’era racconta che non sembrava nemmeno un incidente, ma una vera e propria strage. Due morti, sei feriti, un’auto finita in una scarpata, un bambino di appena otto anni con una frattura e 30 giorni di prognosi. E una coppia – miracolosamente – uscita illesa, quasi a ricordare quanto la sorte su quella strada decida chi vive e chi muore.
La Hyundai Tucson su cui viaggiavano Giuseppe, la figlia Martina e la moglie è precipitata in modo rovinoso in una scarpata. Per loro due non c’è stato nulla da fare. La moglie, unica superstite della famiglia, è stata soccorsa in condizioni gravissime e trasportata d’urgenza in elisoccorso all’ospedale Cannizzaro di Catania. È ancora in bilico tra la vita e la morte. E mentre lei lotta, la domanda che si ripete è sempre la stessa: si poteva evitare?
Perché quella strada – lo sanno tutti – non è nuova a tragedie. La Catania-Gela, soprattutto nel tratto di Caltagirone, è da anni protagonista di incidenti gravi, di denunce ignorate, di promesse mai mantenute. Eppure, nulla cambia. Il traffico resta intenso, i controlli pochi, la manutenzione insufficiente. E il sangue continua a scorrere sull’asfalto.
La rabbia monta. Come può uno dei principali assi stradali siciliani essere ancora così pericoloso? Quante altre famiglie devono piangere i loro morti prima che si intervenga davvero? Perché una figlia deve morire insieme al padre, in un pomeriggio che doveva essere qualunque?
Il bambino sopravvissuto, con le ossa rotte e lo sguardo svuotato, sarà forse l’unico a poter raccontare un giorno cosa è successo davvero. Ma oggi, l’unica certezza è il silenzio delle istituzioni, rotto solo dalle urla dei familiari, dei soccorritori, dei cittadini stanchi.
Non si tratta solo di un’altra notizia di cronaca. Si tratta di una strage annunciata. Di sangue sull’asfalto che nessuno vuole più vedere. Ma che continua a scorrere, impunito.