Gemona del Friuli. Quello che sembrava un giallo familiare si è trasformato in uno dei casi più orribili e disturbanti degli ultimi anni. Lorena Venier, 62 anni, ha confessato di aver ucciso suo figlio Alessandro, 35 anni, e di aver fatto a pezzi il corpo con freddezza chirurgica e lucidità spietata.
“Ho usato un seghetto e un lenzuolo per contenere il sangue. L’ho diviso in tre parti. Non ci sono stati schizzi. Ecco perché i carabinieri hanno trovato tutto in ordine,” ha dichiarato agli inquirenti. Nessun rimorso. Nessun tremore. Solo una narrazione lucida dell’orrore.
Secondo la versione resa davanti al giudice e al pubblico ministero, l’omicidio è stato eseguito a quattro mani con la compagna della vittima, Milin Castro Monsalvo, 30 anni, che però avrebbe partecipato solo “in un secondo momento” spostando i resti del cadavere nel garage, dove sono stati ricoperti di calce viva per accelerare la decomposizione.
Ma le dichiarazioni non finiscono qui. Lorena racconta che suo figlio è stato strangolato con i lacci delle scarpe, perché a mani nude “non riuscivano a soffocarlo.” Una scena di violenza raccapricciante consumata all’interno delle mura domestiche, in presenza di una nipotina.
Una volta sezionato, il corpo doveva decomporsi nel bidone fino a essere trasportato in montagna e disperso tra i boschi — “come da desiderio che aveva sempre confidato a tutti,” dice la madre, gettando un’ombra surreale sulla vicenda.
A far crollare il piano è stata proprio Milin, presa dal panico, che ha chiamato il 112 dicendo: “Mia suocera ha ucciso il figlio.” Nella registrazione si sente poi urlare: “No, Lorena, no!” — forse nel tentativo disperato di evitare che la donna le strappasse il telefono.
Quando i carabinieri sono arrivati, hanno trovato Lorena in stato confusionale, con in braccio la nipotina. Milin, durante l’udienza, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Sul suo corpo sono stati riscontrati lividi, prova possibile di una colluttazione tra le due donne poco prima dell’arrivo delle forze dell’ordine.
Per ora l’intero impianto accusatorio si regge sulla sconvolgente confessione della madre, ma restano molte ombre. Gli avvocati attendono l’autopsia. La verità, quella vera, è ancora lontana. Ma l’Italia intera è già travolta dall’orrore: una madre, una compagna, un figlio. Un bagno di sangue dentro una casa.