Il 16 agosto 2025 l’Italia ha perso Pippo Baudo, ma non in silenzio. L’uomo che ha scritto la storia della televisione nazionale è stato accompagnato da lacrime, applausi e un fiume di folla che dal Teatro delle Vittorie fino a Militello in Val di Catania ha trasformato il suo addio in un evento nazionale. Non un funerale privato, ma un rito collettivo, dove popolo e istituzioni, celebrità e gente comune si sono fusi in un unico coro: grazie Pippo.
La bara, giunta a mezzanotte nel paese natale, è stata accolta da una processione laica di auto e fari accesi. Una marcia silenziosa, spontanea, che ha raccontato meglio di mille parole quanto Baudo fosse percepito non solo come un conduttore, ma come un simbolo. Nel santuario di Santa Maria della Stella si sono seduti figli e nipoti accanto a ministri, presidenti e volti noti dello spettacolo, mentre in piazza un maxischermo permetteva a migliaia di persone di condividere il dolore.
Don Giuseppe Albanese, nell’omelia, ha svelato una confidenza che Baudo gli aveva lasciato: “Il successo non basta a riempire il cuore”. Una frase che oggi risuona come testamento spirituale, quasi un invito a guardare all’essenziale. Ma c’è stato spazio anche per il ricordo della sua lotta alla mafia, pagata con un attentato alla sua villa nel 1991. Nonostante la violenza, Pippo non abbassò mai la testa: un uomo del Sud “con la schiena dritta e la testa alta”.
In piazza, all’uscita della bara, le note di Cavalleria Rusticana hanno trasformato l’addio in arte, in memoria eterna. E mentre gli applausi coprivano il silenzio della morte, restava la consapevolezza che Baudo fosse molto più di un volto televisivo: era parte dell’identità italiana, capace di unire Nord e Sud, cultura popolare e impegno civile.