Le telecamere riprendevano tutto. Il pubblico muto, il conduttore immobile. Quello che doveva essere un talk politico si è trasformato in un ring televisivo in piena regola. È accaduto ad Agorà su Rai 3, quando Daniele Capezzone e Gianni Riotta si sono affrontati in una delle liti più feroci mai viste in diretta nazionale. Una frase, urlata con rabbia, è bastata a incendiare lo studio e a far esplodere i social: “Fate tacere questo cafone!”
La discussione era partita da un tema delicato, il ruolo della NATO e delle ingerenze americane in Europa. Capezzone ha accusato parte del giornalismo italiano di essere “servo dell’establishment internazionale”, incapace di criticare l’operato statunitense. Il riferimento a Riotta era evidente e il giornalista non ha retto: lo ha interrotto, definendolo cafone e accusandolo di disinformazione. Da lì il caos. Capezzone ha rilanciato, accusando Riotta di non avere il coraggio di dire la verità. Le voci si sono sovrapposte, il volume è esploso, il pubblico è rimasto pietrificato.
Il risultato? Una scena che rappresenta perfettamente la frattura dell’Italia di oggi: da una parte chi vede in Capezzone l’unico che osa denunciare l’ipocrisia dei salotti TV, dall’altra chi applaude Riotta per aver difeso l’informazione dai populismi. Sui social, il video della rissa è diventato virale in poche ore, spaccando l’opinione pubblica in due fazioni inconciliabili.
Dietro l’insulto però c’è molto di più: la crisi di un sistema mediatico che ha trasformato il dibattito politico in spettacolo, privilegiando la rissa al contenuto, il meme alla riflessione. L’Italia intera si divide su una frase, ma il vero tema resta uno: questa è ancora informazione o solo intrattenimento travestito da politica?