Nessun preavviso, nessuna spiegazione, solo poche righe asciutte: Chiara Ferragni non sarà più rappresentata da Lighthouse Communication. La notizia, diffusa il 13 agosto con un comunicato tanto breve quanto tagliente, segna la fine di una collaborazione nata nel momento più critico per l’imprenditrice digitale più famosa d’Italia. Un sodalizio iniziato per ricostruire un’immagine incrinata dal “Pandorogate” Balocco e terminato con una separazione chirurgica, senza nemmeno un’ombra di commento.
Dietro la versione ufficiale — “motivi organizzativi” e “rebranding” — le voci nel settore parlano di divergenze insanabili: Lighthouse avrebbe voluto un rilancio aggressivo e trasparente, mentre Ferragni e il suo entourage puntavano a una linea più soft, meno esposta al rischio di nuove polemiche. Così, dopo una pausa annunciata a giugno, è arrivata la rottura definitiva. Ma Chiara non è rimasta scoperta: già a fine luglio la gestione della sua immagine era passata a Image Building, agenzia nota per la discrezione e per il lavoro di ricostruzione lenta e selettiva.
La tempistica non è un dettaglio secondario: annunciare la separazione a metà agosto significa far scivolare la notizia sotto il radar mediatico, guadagnando tempo per la nuova strategia. Una mossa studiata o un segnale di debolezza? La verità è che la sfida di Image Building sarà enorme: restituire credibilità a un brand che, per anni, ha vissuto di autenticità percepita e glamour, ma che dopo il Pandorogate rischia di apparire costruito e distante.
Il cambio d’agenzia è la fine di un capitolo iniziato con grandi promesse e chiuso con un freddo saluto. Ora si apre una nuova fase in cui ogni parola, foto e scelta saranno osservate al microscopio. Chiara riuscirà a riconquistare il trono o questo sarà il passo che segna la fine della sua era? Nel mondo dello spettacolo, ogni mossa è una scommessa: questa lo è più di tutte.