Nel cuore di Budapest, tra i palchi di un incontro europeo dedicato ai leader progressisti, Elly Schlein ha sganciato una bomba politica che ha attraversato l’Italia come un fulmine a ciel sereno. Davanti a un pubblico internazionale, la segretaria del Partito Democratico ha accusato il governo Meloni di condurre il Paese verso una “deriva autoritaria”, marginalizzando minoranze, negando la crisi climatica e promuovendo “modelli culturali retrogradi”.
Parole durissime, pronunciate non a Roma o in Parlamento, ma in terra straniera, nella capitale del sovranismo europeo guidata da Viktor Orbán. Una scelta che per alcuni è stata un atto di coraggio politico, per altri un colpo basso contro l’Italia stessa.
La risposta di Giorgia Meloni non si è fatta attendere: “Trovo scorretto e irresponsabile andare all’estero a parlare male del proprio paese. Quello che ha fatto la Schlein non è politica, è autolesionismo istituzionale e, francamente, un po’ ridicolo.” Una replica gelida e chirurgica, che ha trasformato il botta e risposta in un terreno di scontro patriottico.
Mentre Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli hanno lodato Schlein per “aver detto la verità che molti tacciono”, nel centrodestra le reazioni sono state compatte e feroci: Matteo Salvini ha parlato di “schiaffo agli italiani”, Antonio Tajani di “inadeguatezza istituzionale” e Ignazio La Russa ha affondato il colpo: “Se non ti piace l’Italia, puoi sempre rappresentare un altro paese.”
Il caso si è amplificato sui social, dove le opinioni si sono polarizzate. Da un lato: “Finalmente qualcuno ha il coraggio di dire le cose come stanno”. Dall’altro: “Parlare male del Paese all’estero è sputare nel piatto in cui mangi”. Il tutto amplificato dal contesto: Schlein ha scelto proprio Budapest, città-simbolo dell’ala più dura della destra europea, mentre Meloni stava consolidando i rapporti con governi sovranisti.
Dietro questa mossa, secondo gli analisti, c’è una strategia precisa: posizionarsi come voce europea alternativa alla destra conservatrice. Ma il rischio è alto: molti italiani, anche moderati, hanno percepito il gesto come un’esagerazione fuori luogo, soprattutto in un momento segnato da crisi economiche e tensioni sociali, dove l’unità nazionale pesa più dello scontro politico.
Questo duello femminile non è solo una schermaglia tra due leader: è lo specchio di un’Italia spaccata in due visioni inconciliabili. Da una parte, chi difende sovranità, identità culturale e primato dello Stato; dall’altra, chi punta su Europa, diritti universali e cooperazione sovranazionale. In mezzo, milioni di cittadini costretti a chiedersi: dove finisce la libertà di critica e dove inizia il dovere di difendere il Paese?